A Caracas, sua città natale, Ricardo ha lasciato la famiglia per seguire il nonno in Italia e una prospettiva di vita migliore di quella che poteva offrirgli il Venezuela. E così è stato. A Pescara, la città abruzzese che lo ha accolto, ha trovato la scuola alberghiera che lo ha formato e una docente/mentore che ha guidato questo ragazzo determinato e di talento a fare le scelte giuste. La prima è stata CAST in qualità di allievo R.O.P.A.: un anno a fianco dei maestri gli è servito per capire cosa voleva diventare nella vita: un pasticcere a tutto tondo, non importa se in laboratorio o nella cucina di un ristorante. Perché a Ricardo piace fare la pasticceria, quella classica, ma con dei guizzi creativi che sorprendono, che punta sulla ricerca di sapori e consistenze e sui colori vivi delle decorazioni. E poi c’è il cioccolato, approfondito durante lo stage in Selmi, che per lui non è solo una passione, ma un legame ancestrale con le sue radici sudamericane. Attualmente è impegnato ad accumulare esperienze di lavoro: chef de partie-pastry nel ristorante dell’Hotel Borgo Pignano, relais di lusso in Toscana e pastry chef nel ristorante Cafè Les Paillotes a Pescara, di proprietà della famiglia De Cecco, con la supervisione di Heinz Beck. Vorrebbe anche sperimentare l’estero e soprattutto la pasticceria innovativa e funambolica spagnola, ma anche l’aspetto più tecnico e sperimentale del lavoro di R&D di un’azienda, … insomma tutto, ma proprio tutto ciò che è pasticceria lo incuriosisce e lo affascina; vediamo dove lo guiderà. Stay tuned!
Da borsista in CAST hai avuto modo di lavorare con i maestri di tante discipline gastronomiche. Perché hai scelto proprio la pasticceria?
Visto che in cucina bisogna assaggiare tutto, come mi ha insegnato il mio prof alla scuola alberghiera, ho scelto di avvicinarmi alla pasticceria, perché il salato non mi incuriosisce. Questa è una delle ragioni per cui, nella scuola dei mestieri del gusto, come il direttore Santoro definisce CAST, ho privilegiato, da borsista, di lavorare con i maestri della pasticceria. La pasticceria è precisione, è chimica e fisica alla base di ogni ricetta; se le impari a gestire difficilmente sbagli il risultato.
Raccontami la tua esperienza in Selmi e cosa significa per te lavorare il cioccolato.
È stata un’esperienza molto formativa sia dal punto di vista dell’uso delle macchine che anche della lavorazione del cioccolato. Quando con CAST siamo andati a fare una visita aziendale in Selmi, me ne sono innamorato. Poi ho saputo che si poteva fare uno stage nella sua scuola interna e mi sono messo subito in contatto. La cosa bella della scuola Selmi è che è come una piccola famiglia, ogni chef ha sempre un consiglio o una critica costruttiva per farti crescere professionalmente. La cosa più interessante che ho fatto sono stati i test. Quando uno degli chef ti chiede se vuoi aiutarlo nel testare una macchina oppure una macchina sui campioni di prodotti che mandano le aziende, per esempio nella tostatura della frutta secca o delle fave; impari un sacco, davvero.
E poi c’è il cioccolato! Lavorare una materia prima così bella per me è una grande soddisfazione. Pensa che quando tempero a mano il cioccolato mi rilasso, mi sale un senso di pace che è davvero inesplicabile. Del cioccolato e del mondo “bean to bar” mi incuriosisce tutto. La bellezza del bean to bar è che puoi avere un cioccolato personalizzato, sia a livello di gusto che di aromi, per creare prodotti nuovi. Prendi l’esempio del maestro Fusto, un professionista che ammiro tantissimo, ecco lui sa giocare in maniera pazzesca, ma anche perfetta, coi gusti nei giusti equilibri con ingredienti che mai ti aspetteresti nel mondo del cioccolato. Ho assaggiato la sua pralina con i porcini e pepe di Sarawak e la mia espressione è stata “wow”! Perché per me questo significa fare pasticceria, metterti in gioco e cercare dei gusti e degli ingredienti nuovi, facendoli “incastrare” alla perfezione e avere un risultato sorprendente.
C’è uno stile che caratterizza la tua produzione?
Mi piace tanto usare il colore, ma delicato mai esagerato. E poi, per richiamare le mie origini, utilizzo i frutti esotici perché, secondo me, danno un gusto e un equilibrio unico e fresco al palato. Ma mi piace anche giocare con la frutta di stagione e valorizzare magari un prodotto del territorio o comunque dei prodotti che ti permettano di dare al prodotto sia la parte gustativa che l’aspetto estetico. Ma fondamentalmente, quello che dico sempre, è che quando qualcuno assaggia un mio dolce deve esclamare “woow”! Secondo me il mio stile è un 70% gusto e un 30% occhio.
Hai un maestro o qualche pasticcere a cui ti ispiri e magari segui anche sui social?
Ce ne sono davvero tanti, però ho due maestri pasticceri che ammiro tantissimo: il maestro Fusto, come ho detto prima, per quella facilità nel mettersi in gioco e ricercare nuovi prodotti. L’altro che ammiro davvero tantissimo è Forcone, penso che sia un GRANDE, che presta tanta attenzione all’innovazione, anche nelle tecnologie. E poi, il modo con qui ti trasmette il suo sapere e la voglia di fare questo mestiere … è ineguagliabile!
Che ricordi hai del tuo periodo di formazione in CAST?
Amo ripetere a chi me lo chiede, che in CAST sono entrato un bambino e sono uscito un uomo; che per me significa che sono entrato un ragazzo appena uscito dall’alberghiero e sono uscito un vero professionista. Trovo sia una cosa molto bella e mi viene sempre da sorridere quando ne parlo, perché in CAST non solo diventi il professionista che sei, ma ti crei una famiglia professionale.
CAST mi ha insegnato tantissimo: il rigore, la disciplina, il senso di responsabilità. Se dovessi tornare indietro la rifarei altre centomila volte questa esperienza, perché davvero è incredibile tutto quello che puoi imparare in un anno, sia a livello tecnico che pratico. Anche tutta la parte della gestione dei laboratori è importantissima, perché avere anche solo la responsabilità dello scarico per una settimana ti insegna a relazionarti con i fornitori, a controllare le bolle e tutta una serie di cose che sono fondamentali per l’apertura di una tua attività.
Poi c’erano giorni buoni e altri di “non è giornata” perché avevi tremila cose da fare e impazzivi, ma tutti ci davamo una mano per portare il lavoro a termine. Quando dico che CAST è una famiglia è proprio questo: si passa un anno della nostra vita lì dentro tutti focalizzati sulla propria formazione, tutti con un unico obiettivo: uscire e spaccare il mondo grazie a quello che abbiamo imparato in un anno.
Che progetti hai per il tuo futuro professionale?
I progetti sono tanti, veramente, ma per il momento metto al primo posto la voglia di fare esperienza. Vorrei viaggiare e conoscere culture diverse. Sarebbe un sogno tornare in Venezuela per visitare le piantagioni di cacao e così conoscere la nazione che mi ha visto nascere e che, per problemi politici, ho dovuto lasciare per tornare nella terra dei miei nonni. Vorrei viaggiare per scoprire ingredienti e sapori nuovi per poi, prima dei 35 anni, avviare un’attività in proprio dove mettere in pratica, nella pasticceria, tutto il bagaglio di esperienze e di spunti gustativi raccolti in giro per il mondo.