Il percorso professionale di Pietro Cartabia, 32 anni, pasticcere e stagista in CAST è lì a dimostrarlo: un susseguirsi di traguardi da raggiungere e superare, per acquisire esperienze e affinare competenze in tutti gli ambiti della pasticceria. Dopo l’alberghiero, la prima esperienza di pasticceria nel ristorante “Armani Nobu” a Milano dove Pietro impara ad impostare la linea e a dare valore al servizio e alla mise en place, poi pastry chef da “A Spurcacciuna” a Savona per poi volare a Londra dove lavora un anno e mezzo come pasticcere nel luxury hotel Four Season. E’ qui che Pietro matura il desiderio di ampliare le sue competenze, per cui torna in Italia e si iscrive al corso di Alta Formazione Pasticcere in CAST dove si ferma per un altro anno come allievo R.O.P.A. Seguono tre anni alla “Pasticceria Martesana” di Milano e uno in USA, a San Francisco, alla corte dell’ambasciatore della pasticceria italiana Gery Rulli. Al suo rientro in Italia, Diego Crosara, suo mentore in CAST, lo vuole con sé da Marchesi, Gruppo Prada, dove rimane per circa tre anni. Ora l’ultima sfida: avviare la start-up di una pasticceria (“Elite” a Vimercate) insieme a Giulia Ripamonti (diploma in CAST e laurea in Gastronomia, ospitalità e territori), con l’obiettivo finale di aprire un’attività in proprio, non prima, però, di essersi cimentato in un campionato mondiale, per lui il traguardo di una vita.
Nel corso della tua carriera ti sei cimentato in tutte le diverse declinazioni della pasticceria dal laboratorio alla ristorazione, dal dessert al piatto ai grandi lievitati. Quale ti “appartiene” di più o senti che si conforma maggiormente alla tua idea di pasticceria?
Fin dall’inizio il mio obiettivo è sempre stato quello di riuscire ad avere una conoscenza della pasticceria ampia ed accurata. Lo dimostra anche il fatto che mi sono sempre buttato a testa bassa nelle varie esperienze lavorative che mi si sono presentate, senza mai tirarmi indietro, ma anzi, ricavando sempre, da ognuna di esse, nozioni che ho aggiunto al mio bagaglio professionale. Per questo motivo mi è molto difficile decidere quale senta più mia tra le varie esperienze. Posso però dire con certezza assoluta che mi piacciono tutti gli aspetti di questo lavoro e vorrei continuare a migliorarmi nella pasticceria in generale, senza specializzarmi.
Mi considero fortunato perché ho potuto lavorare in tutte le tipologie della pasticceria: di quella “da hotel”, per esempio, ho apprezzato l’aspetto sfidante perché accompagna il cliente, dalla colazione con gli sfogliati alla cena con il dessert al piatto, mettendoti continuamente alla prova; ma anche il suo aspetto ludico mi diverte, quasi un “luna park” per chi come me ama la pasticceria e tutto quello che questo termine racchiude.
Della pasticceria da ristorazione, beh cosa dire, la bellezza è che non hai limiti di creatività! Il tuo dolce deve riuscire ad impressionare il cliente per farlo alzare da tavola con un ricordo indelebile, quindi puoi giocare sulle consistenze, gli abbinamenti, le temperature, … L’aspetto più affascinante della pasticceria da ristorazione, secondo me, è il momento del servizio, la frenesia del susseguirsi di comande in arrivo che devi riuscire ad incastrare con tutte le diverse tempistiche delle preparazioni per mandar fuori i piatti all’unisono. Il pastry chef è come un ballerino preso in un vortice di valzer di piatti fino a quando, una volta preparata tutta la linea e la mise en place per il servizio, si conclude il lavoro e tutto si placa.
Anche il lavoro in laboratorio ha il suo fascino e i suoi vantaggi come, per esempio, potersi organizzare per tempo e gestire la produzione in maniera tale da essere pronti all’imprevisto, che nel nostro lavoro è sempre in agguato. Insomma, da qualsiasi lato la si guardi, il bello della pasticceria, secondo me, è che dà spazio alla creatività di ognuno e che, pur nel rispetto delle regole e delle tecniche, stanno prendendo piede anche nuovi concetti di pasticceria. Sotto questo punto di vista, negli ultimi tempi la pasticceria italiana ha fatto passi da gigante, trovando, a mio giudizio, il giusto compromesso tra la strada maestra della tradizione, perché nel nostro Paese siamo molto legati alla pasticceria classica, e l’innovazione della pasticceria moderna. Anche per questa ragione, nella nuova pasticceria che sto seguendo assieme a Giulia (Ripamonti n.d.r.) con l’avvicinarsi del Natale abbiamo deciso di concentrarci sui grandi lievitati, tanto che siamo riusciti ad essere selezionati per il concorso “Re Panettone” che si terrà il 26/27 novembre. Incrociamo le dita …!
Chi consideri i tuoi maestri e cosa ritrovi dei loro insegnamenti nel tuo lavoro quotidiano?
Questa è una bella domanda! Ho avuto la possibilità e la fortuna di lavorare a fianco di grandissimi maestri nel corso di questi anni, ed ognuno a suo modo e nel suo campo di riferimento mi ha lasciato qualcosa, un’impronta.
Per citarne solo alcuni: sicuramente Diego Crosara che mi ha spronato a seguire un preciso percorso senza precludermi mai nulla, ma anzi osando; Achille Zoia mi ha trasmesso quell’energia proattiva che un professionista dovrebbe sempre avere in laboratorio; Stefano Laghi mi ha insegnato a provare e riprovare le ricette fino a trovare quella giusta; Gianluca Fusto nel cercare sempre abbinamenti nuovi e originali, senza aver paura di sbagliare; Massari mi ha insegnato ad essere curioso, sempre sul pezzo ad osservare tutto; dai fratelli Comaschi, Davide e Alessandro, ho imparato a mettermi sempre in gioco, da Davide ho appreso il metodo, la costanza e la ricerca della perfezione, mentre Alessandro mi ha insegnato tutto sulla decorazione e sulla manualità; Enzo Santoro mi ha fatto capire che per diventare un bravo pasticcere bisogna mettere passione e amore in ogni piccola cosa che si fa; e infine Gary Rulli e la sua capacità di adattarsi alle varie situazioni e al mercato senza mai dimenticare la vera anima della pasticceria.
Che caratteristiche deve avere un dolce, secondo te?
Sicuramente un dolce deve essere buono e bello perché, come ci hanno insegnato, un dolce lo si gusta prima con gli occhi e poi con la bocca, quindi bisogna riuscire a fare dei dolci che catturino lo sguardo quando il cliente varca la porta della pasticceria. Poi, certamente, un dolce deve essere buono al palato, quindi bisogna trovare l’armonia, il giusto equilibrio tra i vari ingredienti, i gusti e le varie preparazioni e consistenze che lo compongono.
Sicuramente oggi, per andare incontro alle diverse esigenze dei clienti e quindi coprire una domanda ampia e diversificata, si deve prestare una specifica attenzione alle allergie e alle intolleranze alimentari, alla stagionalità degli ingredienti e con un impatto ambientale basso o a km 0. La sfida in pasticceria, oggi, non è solo cercare di fare dei prodotti di qualità, ma anche dare un’offerta varia alla clientela, che rispecchi appunto le varie esigenze.
Che ricordo hai del tuo periodo trascorso in CAST?
Penso che quello trascorso in CAST sia stato uno degli anni più intensi e belli della mia vita, dallo svegliarsi presto per preparare le colazioni, alle nottate interminabili dei corsi serali e delle fiere/eventi per cui dovevi correre per poter sistemare tutto il prima possibile! O ancora gli interminabili week-end durante i quali bisognava attrezzare le aule per i diversi corsi della settimana e la preparazione della mise en place per far sì che i corsi di specializzazione non avessero intoppi.
La vera, grande opportunità di quel periodo è stata quella di poter affiancare i grandi maestri e mettersi in gioco, provando e riprovando nei pochi momenti liberi, per cercare di crescere. Anche se il ricordo più bello è il legame forte che si è creato con i compagni, l’armonia del gruppo, di tutte le belle serate, le cene assieme e anche gli scherzi che ci facevamo … tutto questo è il magnifico anno passato in CAST.
Quale sarà il traguardo finale di questa tua articolata carriera? Dove ti vedi in futuro?
Il traguardo finale onestamente non saprei dirlo ora, ho tante idee per la testa che continuano a “sfarfallarmi” … Sicuramente sarebbe bellissimo poter arrivare un giorno ad avere la mia attività magari all’estero, penso che questo sarebbe il coronamento di un sogno. Per adesso mi concentro sul presente, cercando sempre nuovi stimoli e sfide da affrontare per migliorarmi e crescere. E siccome “se si sogna, bisogna sempre farlo in grande”, spero un giorno di competere in una gara internazionale, magari al “World Chocolate Master” e perché no, visto che ci sono, magari vincerlo pure! Tanto non ci sono limiti ai sogni! 😉