In CAST pensiamo che i nostri ragazzi siano diamanti grezzi, dotati di un talento che deve essere solo scoperto ed educato.
Il “diamante” di Martina è tra i più luminosi, messo in luce in CAST durante il corso di Alta Formazione per pasticcere da ristorazione e d’albergo e che, abbinato ad una intelligenza curiosa verso il cibo e le persone e a una cultura non banale, fanno di lei una pasticcera da tenere d’occhio. Da settembre Martina è in Spagna, dove ha trovato come “saziare” la sua curiosità sperimentando nuovi dessert nel back-stage dei corsi di perfezionamento di Jordi Bordas, il maestro che con il suo metodo B-Concept ha rivoluzionato la pasticceria. Un’importante rampa di lancio per chi, come Martina, non si accontenta e pensa che una professione gastronomica sia il miglior passaporto per il mondo. E allora, buena suerte Martina!
1. Che posto occupa la pasticceria nella tua vita?
La pasticceria è il linguaggio con cui riesco a comunicare ciò che a parole risulterebbe totalmente banale. Non solo, è anche la finestra oltre lo spazio-tempo: quando sono concentrata a fare un dolce, nella mia testa ‘il mondo fuori’ non esiste. Quindi, la pasticceria, è senza dubbio uno degli attanti principali nella mia vita. Un anno fa ti avrei detto che era al primo posto, ora no e ne sono certa. Penso che senza una combinazione di esperienza di vita, tecnica, immaginazione e arte, non avrei niente da dire con i dolci. Il lavoro è importante ma è un ingrediente, sei tu a dover trovare l’emulsione adatta a te.
2. Nell’arte pasticcera hai dei maestri a cui ti ispiri o a cui guardi con attenzione?
Sì, Jordi Bordas, per esempio, è il pasticcere che più ha cambiato la mia vita; il suo modo di fare pasticceria ha come fondamento la libertà. Chi ha la fortuna di conoscere il B-Concept si sente libero di creare scoprendo nuove possibilità di pensare fuori dal metodo tradizionale. Jordi è straordinario, letteralmente: le sue mani sono come un’enciclopedia dell’arte pasticcera (si crea addirittura gli stampi) e vive per condividere la sua passione.
Guardando al settore nel suo complesso, Francisco Migoya è l’artista che più ammiro. Con il progetto ”Modernist Cuisine’’ riesce a fondere la sua arte (disegno, pittura, scultura) con la sua passione per il cibo (per i dolci e il pane principalmente). Scienza (i suoi volumi di Modernist Cuisine sono un patrimonio dal punto di vista di analisi scientifica) e arte in corrispondenza biunivoca; ogni sua creazione porta chiaramente la sua firma. Per me che adoro disegnare e nella pasticceria riesco a trovare ispirazione, quello che fa è un sogno. Non so se succederà mai, ma se un giorno dovessi incontrarlo, mi verrebbe spontaneo ringraziarlo!
Mi piace pensare che ognuno di noi nasca insieme a un “daimon” di memoria jungiana che, detta in soldoni, è la personale inclinazione che possiamo decidere di seguire oppure no e solitamente è la prima cosa che facciamo nella vita. Quando guardo i dolci di Migoya penso: ‘’Ecco! Lui ha trovato la sua ‘cosa’ o forse la ‘cosa’ ha trovato lui’’; penso lo stesso di molti artisti nel mondo della musica, della poesia e dell’arte.
C’è una frase di Jacob Bronowski che ho letto in un’intervista a Migoya che secondo me sintetizza bene le figure sia di Francisco Migoya che di Jordi Bordas: “Man is unique not because he does science, and his is unique not because he does art, but because science and art equally are expressions of his marvelous plasticity of mind”. (“L’uomo è unico non in quanto si occupa di scienza oppure d’arte, ma perchè scienza ed arte sono ugualmente espressione della sua meravigliosa plasticità mentale”).
Sono una grande sostenitrice del mondo femminile anche in cucina e le donne che più mi ispirano e ammiro sono Melissa Coppel e Andrea Dopico, che ho avuto la fortuna di conoscere qui ed è stata un’esperienza incredibile, che da sola meriterebbe un’intervista (in quella occasione indossavo la giacca CAST dove lei tempo fa ha tenuto una masterclass, che si è rivelata un ottimo biglietto da visita…)!
3. Quanto è importante la sperimentazione nella pasticceria secondo te? Spiegaci il tuo lavoro da Jordi Bordas.
La sperimentazione è molto importante in quanto è la condizione senza quale la ricerca non potrebbe esistere. L’ ‘’Aula” della scuola di Jordi Bordas (I + D Department, cioè un laboratorio investigazione e sviluppo) è il luogo fisico dove tutto ciò che viene preventivamente studiato prende forma. Una sorta di materializzazione di quel che viene sperimentato in forma scientifica, una vera nicchia alchemica.
Il lavoro consiste nel testare nuovi ingredienti, nuove ricette e nuovi dolci che poi Jordi inserirà nei futuri corsi di B-Concept in giro per il mondo.
Non è un lavoro di produzione e quantità, tutto ciò che sperimentiamo rimane in Aula. Qui assaggiamo, discutiamo, ci scambiamo opinioni. Un vero brainstorming.
Per portare un esempio pratico: da alcuni giorni stiamo testando la reazione dei vari gruppi di pectine (NH, x58 e Acid free) con la medesima ricetta, per capire quanto e quali si attivano a seconda del diverso grado di acidità o presenza di gruppi di Calcio. Un altro esempio possono essere i test che facciamo su mousse e cremosi utilizzando ingredienti ancora in fase di ricerca.
Tutto ciò viene messo in pratica seguendo il metodo del B-Concept che si basa fondamentalmente su un tipo di pasticceria più salutare, più leggera e che conservi ai massimi livelli il sapore degli ingredienti naturali. A esempio, come dolcificanti usiamo zucchero di cocco o fibre come inulina -prebiotico- e oligofruttosio che hanno un basso impatto glicemico; anche la percentuale di grassi è fortemente ridotta grazie all’uso di vari ingredienti che aiutano ad ottenere la stessa texture delle ricette standard, come gomma di carruba 100% naturale, NaturEmul (un composto da fibre di agrumi) e tanti altri…
Per questo motivo, ogni mattina, quando vado al lavoro, sono emozionata al pensiero di entrare in una realtà unica al mondo come quella dell’Aula!
4. Qual è il processo che porta alla creazione di un dolce?
Tutto parte da un’idea… Detta così suona un po’ come ‘’There was an idea’’ di “Infinity War” dei supereroi Marvel, ma è la verità!
Una volta scelto l’ingrediente principale (facciamo l’esempio del pistacchio) si passa a mettere a punto la texture (cremosità, gelificazione, aerazione). Di cosa ho bisogno? Per esempio di una mousse al pistacchio. Individuata la texture, avrò bisogno di ingredienti coadiuvanti (qualcosa che aiuti la mia emulsione di pistacchio ad avere una consistenza tale da permettermi di inserirla in una preparazione aerata, come una meringa). A questo punto si passa al processo di preparazione e dunque ai test.
Prima della fase della creazione finale di un dolce, si fanno diversi test sulle singole parti che andranno a comporre il dolce dell’idea principale. Tutte queste preparazioni vengono eseguite, messe a congelare e poi scongelare, questo per verificare che la ricetta funzioni, perché uno dei più grandi ostacoli è la sineresi, cioè l’acqua libera che in fase di scongelamento potrebbe rovinare il mio dolce. Per questo motivo si deve inserire una giusta percentuale di solidi ed è importante sapere quanto i vari tipi di solidi che ho scelto di usare siano in grado di legare acqua.
L’abbinamento di sapori accompagna tutto il processo. Cosa va a nozze con il pistacchio? Qualche frutto acido che ne faccia risaltare il sapore e che sgrassi il palato per esempio. Trovare i vari abbinamenti di sapori è una delle fasi più stimolanti per me. Una volta superati questi test, si passa alla fase di montaggio del dolce, a seconda che sia una monoporzione o una torta. Naturalmente anche la forma ha un’importanza fondamentale, perché un dolce prima di essere assaggiato viene visto, o mi sbaglio?
5. Cosa ti aspetti di apprendere di nuovo durante questo periodo in Spagna?
Questa esperienza mi dà l’opportunità di approfondire il metodo del B-Concept e al tempo stesso mi permette di fare pratica, di fondamentale importanza nel mio lavoro.
Ricordo ancora quando, la prima settimana che ero qui, mi sono trovata davanti a una boule con 4 chili di cioccolato e Mariona, Direttrice dell’Aula R&D&I di Jordi Bordas, mi ha chiesto se potevo temperarlo. “No scusa, non posso … io ho sempre temperato in casa sulla mia lastra di marmo, ma per fare delle praline per gioco” – ho detto nel mio inglese con sfumature di spagnolo maccheronico e lei mi ha detto: “E invece puoi, è solo pratica”. E mi sono ritrovata con un mare di cioccolato sul tavolo… Le prime volte finiva anche per terra; ora piano piano lo sto addestrando a stare sul tavolo!
Grazie al B-Concept ho capito quanto sia fondamentale avere una conoscenza della pasticceria classica, perché solo con questa memoria si può poi trasformare la pasticceria in chiave ultra-moderna.
È curiosa questa cosa, perché ho avuto l’ennesima riprova di quanto sia stato essenziale per me aver fatto il Liceo Classico. Ciò che è classico è eterno, proprio perché ne ritroviamo le tracce nelle ‘cose del mondo di oggi’. Senza “gnosis”, la scienza del sapere, è più complesso padroneggiare completamente quel processo di evoluzione che porta al moderno.
6. Che ricordi hai del tuo periodo trascorso in CAST Alimenti e come ciò che hai imparato ti è utile nel tuo lavoro quotidiano?
Del periodo in CAST ho molti ricordi. Belli sì, alcuni, altri meno piacevoli per miei motivi personali, perché ero nella fase di transizione di un periodo lungo e buio della mia vita, mentre mi sarebbe piaciuto fare la scuola con lo spirito che ho costruito con fatica oggi, passo dopo passo e dopo qualche caduta.
Ma forse è stato giusto così, perché se non mi fossi trovata faccia a faccia con il mondo della mia passione, non avrei magari capito quanto fosse urgente dare una direzione diversa alla mia vita, se davvero volevo perseguire quel sogno di “zucchero e farina”.
In CAST ho avuto insegnanti molto bravi a costruire la spina dorsale (cioè le basi teoriche e pratiche) degli alunni che scelgono di diventare pasticceri e non solo ‘esecutori meccanici di un mestiere’. In loro si percepisce una incommensurabile passione per questo mestiere. Non deve essere facile insegnare ed essere un buon pasticcere, non sempre è una ‘skill’ che fa di un maestro un maestro capace.
Mourinho è un grande allenatore ma non ha mai toccato un pallone da calcio e Maradona se la cavava meglio in campo che in panchina.
E poi, in CAST Alimenti ho conosciuto la persona che, insieme al mio migliore amico Manuel Scarpa (uno dei pasticceri più promettenti nel panorama italiano e questo lo scriverei a caratteri cubitali!), mi è stata vicino quando credevo che non sarei mai diventata una buona pasticcera e che questa passione aveva tutti i presagi per essere un altro personale fallimento.
La stessa persona che ancora oggi mi sta accanto ogni giorno da lontano e senza la quale non avrei avuto il coraggio di prendere la decisione di provarci ancora, ancora e ancora… Sto parlando del pastry chef di Peck Galileo Reposo che ho conosciuto durante una giornata di visiting chef proprio in CAST.
I suoi dolci portano la sua inimitabile firma, perché riesce a combinare in un piatto tutta la sua esperienza professionale. ‘Dolce Acidità’ è ancora il mio dolce al piatto preferito. La geometria, la sensibilità, la predilezione per i sapori acidi in abbinamento al dolce… siamo un po’ simili, mi piacerebbe lavorare con lui un giorno. Senza CAST non avrei potuto conoscere persone (oltre che professionisti) così importanti per la mia crescita.
7. Dove ti vedi fra qualche anno?
Buona pregunta! L’anno scorso, per esempio, non avrei mai immaginato di poter essere qui ora. Difficile rispondere… Tenendo in considerazione l’imprevedibilità della vita, mi impegnerò per migliorare le mie ancora grezze doti pasticcere e sogno di poter fare nuove esperienze, magari ancora all’estero. Attualmente credo che l’ambito di ricerca nel settore calzi bene con la mia personalità.
E qui, chiedo aiuto al mio autore preferito dai tempi del liceo, Italo Calvino: per tirare le fila dei “nidi di ragno” del discorso, ti dico che fra qualche anno mi vedo ancora alla ricerca di me stessa nella pasticceria. Una pasticceria più leggera (perché leggerezza non è superficialità!) è quella che mi rappresenta meglio e in cui riesco a trasmettere anche un po’ della mia autoironia, che è l’ingrediente “q.b.” nelle ricette delle mie giornate! Spero di poter lavorare in un posto dove la mia “fame di curiosità” sia sempre alimentata da ispirazione e fantasia. E se è vero che “la fantasia è un posto dove ci piove dentro”, non avrò ombrello a coprirmi la testa!