Vita della scuola • 20.02.2019

Marco Martinelli: docente CAST Alimenti e campione italiano di gelato gastronomico a Sigep 2019

“Uno chef formatore deve trovare occasioni di crescita professionale da trasferire in aula”.

Marco Martinelli riunisce in sé la duplice figura di cuoco-formatore. Quando, a 26 anni, durante una pausa di riflessione dal suo lavoro, decide di iscriversi alla facoltà di Pedagogia a Verona, capisce che “spiegare in maniera semplice la cucina” era ciò che più gli interessava fare. Da 15 anni, infatti, insegna con passione il suo mestiere nelle scuole alberghiere ed è docente del corso di Alta Formazione Cuoco in CAST Alimenti.

Perché hai deciso di rimetterti in gioco e partecipare all’edizione appena conclusa di Sigep Gelato d’Oro 2019?
Avevo già fatto questa esperienza partecipando alle selezioni nazionali nel 2013 e al Campionato del mondo nel 2014, in cui l’Italia si è piazzata seconda e il mio piatto ha vinto il primo premio nella categoria chef.
La spinta motivazionale è stata anche questa volta la mia continua voglia di imparare e, allo stesso tempo, di rimettermi in discussione. Competere per me significa, prima di tutto, confrontarmi con i miei limiti, mettermi alla prova in una situazione fortemente stressante come quella di un campionato, per poi riportare questa esperienza in aula. Credo che uno chef formatore, come nel mio caso, non debba stare tutto il tempo dietro un banco di cucina, ma debba trovare occasioni continue di crescita professionale. Nelle competizioni hai delle accelerazioni professionali che non trovi da altre parti: il confronto con i professionisti di altre specialità (gelatiere, pasticcere, scultore del ghiaccio), i lunghi mesi di preparazione per una gara che prevede un numero di prove molto alto (8, 9 su tre giorni di competizione): bisogna imparare a  lavorare in gruppo, a rispettare i tempi, a ottimizzare le tecniche,  … sono tutti aspetti del lavoro che se un docente non prova sulla propria pelle non può trasmetterli in aula con la stessa emozione di chi li ha provati veramente.

Qual’era il filo conduttore che legava il tuo gelato gastronomico alle altre specialità del team? 
In questo campionato funziona così: il gelatiere è un po’ il punto centrale della competizione. Quindi, anche lo chef collabora con il gelatiere, elaborando il piatto gastronomico, ma cercando l’abbinamento al mondo dei gusti del gelato.  Il gelato gastronomico è un accompagnamento che chiude il cerchio del piatto stesso e deve quindi avere come caratteristica l’aroma che si decide di utilizzare. Il gelato gastronomico è un gelato mantecato artigianale che si differenzia molto, però, da quello tradizionale da passeggio, in cono o coppetta. Difficilmente, per esempio, lo si riesce a mangiare da solo, perché a volte sono gusti molto intensi, pensati per essere abbinati al piatto gastronomico e al mondo del caldo.

Qual’è stata la tua proposta di gelato gastronomico per questo campionato?
Quest’anno, a differenza delle altre edizioni, c’è stata una preselezione nel mese di ottobre. Tutti ricorderanno che è stata un’estate molto lunga; ho quindi  voluto cavalcare questa condizione eccezionale facendo una zuppa di pomodoro tardivo utilizzando le diverse componenti del pomodoro e le sovra maturazioni, con le quali ho fatto un gelato al pomodoro con una spuma di burrata, un decotto al basilico e una gelatina di pomodoro con fiori essiccati. A dicembre, per la prova successiva, ho cambiato il concetto del piatto. Ho lavorato col mondo dei vegetali e degli aromi, del fumo, delle resine naturali. Ho raccolto la resina di abete rosso nei boschi della provincia di Brescia, l’ho fatta essiccare e resa polvere. Ho deciso di puntare sull’aspetto olfattivo del piatto, prima ancora di quello gustativo ed estetico che trovo più scontati.  Scegliere un profumo così piacevole come la resina bruciata, ferma l’istante e crea attenzione, mette l’interlocutore in una posizione d’ascolto. E’ un escamotage, frutto dell’esperienza, per fermare l’attenzione dei giurati sul mio piatto. Ma non mi sono limitato a questo, ho anche voluto aggiungere alcuni valori che mi sono propri, come la salvaguardia e il rispetto della natura. Non è un caso, infatti, se la resina l’ho raccolta dagli alberi caduti il 29 ottobre, giorno di vento fortissimo. Ho ancora negli occhi le immagini dei larici abbattuti nella Val di Fiemme; una catastrofe senza precedenti, come se la terra volesse dare un segnale. E siccome non dimentico mai che, anche in una competizione, si devono soddisfare delle persone e per farlo bisogna riuscire a trasmettere ai giurati le proprie emozioni, ho realizzato un piatto che rendesse omaggio alla natura che rinasce dalle ceneri. Ho poi scelto come base del gelato la crescenza di capra che ha un gusto acidulo e una freschezza che mi piace molto nei gelati gastronomici, l’ho abbinato al lime e all’arancia e ripassato in un crumble di pane alla curcuma e dei crispy di lime e lampone per avere una parte aromatica e una consistenza croccante. Per giocare con la stagione e far passare il concetto della sostenibilità, ho poi utilizzato la zucca e la barbabietola rossa, due elementi della terra che considero molto interessanti e poco costosi. Poi sul terzo, perché il piatto prevedeva tre piccole entrée abbinati al gelato gastronomico serviti nello stesso piatto, ho scelto il merluzzo nordico, per completezza di categorie alimentali e per esperienza (temevo, infatti, che l’assenza di un prodotto animale potesse essere letto come una mancanza). Ho cercato un’azienda certificata MSC da pesca sostenibile e il caviale d’allevamento di Calvisano. Il filo conduttore per questi tre bocconi era una salsa fatta con il Franciacorta, la panna e un té affumicato Lapsan Souchong per richiamare in bocca ciò che sentiva il naso. Per finire, su ogni entrée ho messo una sferificazione che ricordasse il caviale già presente sulla zucca (peperone rosso e zenzero sul merluzzo nordico ed estratto di barbabietola e zenzero sulla barbabietola). Desidero infine citare un ultimo ingrediente, per me fondamentale: la collaborazione di tutti per sviluppare il piatto.  A tutti, infatti, ho chiesto un consiglio, un’opinione sul piatto.  Da mio figlio che mi ha aiutato a sbucciare le zucche, a un amico che non sa niente di cucina a cui ho fatto annusare il profumo, agli amici docenti di CAST Alimenti per un consiglio tecnico.

Un’ultima cosa, senza svelare segreti, sai già cosa porterai al Campionato del mondo di Gelateria 2020?
In realtà non si sa ancora nulla. Posso solo dire, sulla scorta della mia esperienza di quattro anni fa, osservando le competizioni successive e considerando che il campionato si compone di tante prove in successione, che sto pensando ad un “viaggio”, quindi non otto prove a sé stanti, ma un messaggio univoco, un percorso gustativo che alla fine si svela. In che modo, ancora non lo so!