Ventidue anni napoletano, Luigi D’Antonio ha iniziato presto a “calcare le piastrelle” della cucina, fin da quando frequentava la scuola alberghiera: “Un modo per stare lontano dalla strada”, diceva sua mamma.
Luigi è un ragazzo che apprende in fretta, che si appassiona alla cucina. Dai suoi primi stage impara l’organizzazione del lavoro e a prendere confidenza con il fuoco e la materia prima. Poi arriva il debutto nei più rinomati ristoranti campani: il “Salotto Parthenope” dello chef Salvatore Iannone, l’”Indaco” di Ischia con lo chef stellato Pasquale Palamaro e a “Il comandante” con lo chef stellato Salvatore Bianco. Quando affidano il ristorante dell’hotel “J.K.Place” di Capri allo chef Iannone, lo vuole ancora con sé come sous-chef. E’ li che Luigi impara dal CEO Martino Acampora la gestione della ristorazione d’albergo. Potrebbe essere la sintesi della carriera di una vita, ma Luigi ha solo 20 anni. Accetta di buon grado la sfida che gli lancia l’azienda di ristorazione ”9 Invest” del calciatore Ciro Immobile: diventare l’executive chef del “Tivoli 3” in Brera Milano, ma a condizione di continuare a studiare. Così approda in CAST, come allievo dell’Alta Formazione cuoco e poi come stager all’interno della nuova Cucina Centrale Didattica sotto la guida di chef Biscotti.
1. Come nasce la tua passione per la cucina?
Quello per la cucina non è stato un colpo di fulmine; la passione è venuta col tempo. All’inizio avevo solo tanta curiosità per questo mestiere. Ma è stato quando sono approdato in una cucina di livello come quella di Salvatore Iannone che ho iniziato a fare domande su domande per imparare le tecniche base della cucina e qualche nozione in più sulle materie prime utilizzate.
Grazie alla mamma dello chef Iannone, anche lei cuoca del “Salotto Parthenope”, ho capito che solo la passione può compensare la grande dedizione e sacrificio che questo mestiere richiede. Ho cominciato a leggere libri di cucina e intanto lo chef mi dava dei compiti da fare a casa ed il giorno dopo… mi interrogava! Siamo partiti dalle basi (i vari tagli, le varietà di verdure, le tecniche di cottura, etc.), ma quello che imparavo non era mai abbastanza a “saziare” la mia curiosità. La mia esperienza nei ristoranti stellati mi ha permesso di conoscere nuovi ingredienti, nuove tecniche… ho cominciato a capire che ciò che la natura regala e che avevo tra le mani poteva trasformarsi in qualcosa di appagante per i commensali. Mi ricordo che mi chiudevo di notte in cucina a fare prove… mi faceva stare bene, anche se era dura dopo una lunga giornata di lavoro.
Insomma, più che passione, forse il mio è desiderio di conoscenza, anche perché considero la cucina un’arte: intrigante, stimolante, sempre nuova…
2. Cosa ritieni rimanga indelebile in un giovane cuoco come te della grande cultura gastronomica partenopea, della sua terra?
Credo che per noi giovani campani l’influenza della tradizione partenopea sia molto presente, soprattutto per chi, come me, ha lavorato in ristoranti in cui si fa cucina di identità.
In Campania possiamo vantare una grande cultura gastronomica, dalle tecniche di conservazione, alle ricette tramandate di generazione in generazione… la cucina tradizionale per me è un’esplosione di sapori: i prodotti ittici e gli agrumi in Costiera, l’olio del Cilento, il bestiame che viene allevato in montagna nell’avellinese… nella nostra terra abbiamo veramente tutto!
Quello che mi emoziona sempre è che attraverso la ricerca e le tecniche innovative si possano trasformare ingredienti semplici, quelli che ci offre la terra, in qualcosa di straordinario, capace di stupire le persone.
3. Perchè hai scelto CAST Alimenti per perfezionare la tua formazione di cucina?
Mi è capitato di trovarmi a lavorare in brigata con degli chef che avevano un’impostazione molto precisa, un modo di lavorare “pulito”, che mi colpiva … si erano tutti formati in CAST. Per questo motivo, quando sono venuto a Milano a lavorare e ho deciso di continuare a studiare, ho pensato che fosse la scuola giusta per aiutarmi a sviluppare ciò che avevo appreso negli anni. Mi ha colpito anche il colloquio con lo chef Biscotti che mi ha spiegato il programma didattico e cosa realmente potevo apprendere se avevo delle basi solide. Mi è piaciuto a tal punto che ho scelto di fare il tirocinio nella Cucina Centrale Didattica di CAST per poter mettere in pratica quanto avevo appreso in aula!
4. Cosa ritieni sia più prezioso di quello che hai imparato in CAST nel tuo lavoro quotidiano?
CAST mi ha insegnato un metodo di lavoro molto efficace, indispensabile per chi, come me, non vuole diventare solo un bravo chef, ma avere sotto controllo la gestione completa della cucina e conoscere tutte le dinamiche di un servizio di ristorazione. In CAST ho imparato a semplificare tanti passaggi operativi e anche come migliorare i dettagli. La vera “ricchezza” di questa scuola è poter disporre di attrezzature all’avanguardia e di docenti che rappresentano tutte le professioni gastronomiche; se una persona ha voglia di imparare e di accrescere il proprio bagaglio culturale, beh qui non ci sono limiti alla conoscenza. In CAST ho trovato competenza e disponibilità da parte dei docenti; ogni momento è occasione di dialogo e di confronto.
5. Secondo te su quali elementi si può costruire uno “stile di cucina”? E il tuo qual è?
Tanto tempo fà lo chef Palamaro mi disse: ”Impara le basi della cucina … per creare c’è tempo”. Per il livello a cui voglio arrivare io, è presto parlare di uno stile di cucina personale, ho ancora tanto da imparare… credo che uno chef debba prima di tutto conoscere le basi della cucina e della pasticceria. Ma se proprio devo trovare una caratteristica della mia cucina, la tradizione culinaria della mia terra è molto presente, dove oso di più sugli abbinamenti di sapori.
La cucina è il mio modo di relazionarmi con il mondo: nei miei piatti trasferisco le mie esperienze, le emozioni, i ricordi. Vorrei che le persone ritrovassero un po’ di me dentro ogni mio piatto.
6. Quanto importante è la formazione e l’aggiornamento costante nel tuo lavoro?
Per me la formazione viene al primo posto, credo che alla base di un professionista ci sia sempre la conoscenza, senza di quella non si fa tanta strada… Ci sono attrezzature di cucina, per esempio, che cambiano ogni anno, per cui diventa indispensabile fare dei corsi per imparare ad usarle al meglio. Ma anche per sviluppare nuove idee, i corsi di aggiornamento ti aprono la mente, ti danno ispirazioni e nuovi stimoli.
Il ristorante che vedo nel mio futuro dovrebbe dare molto spazio alla ricerca e alla creazione di nuovi prodotti, per essere sempre aggiornati e lavorare con tecniche innovative.
7. Quali esperienze vorresti ancora fare per accrescere le tue competenze professionali?
Sicuramente mi manca l’estero e la conoscenza della cultura culinaria di altri paesi. Ho viaggiato tanto, ma non ho mai avuto il tempo e la fortuna di fare un’esperienza di lavoro fuori dall’Italia.
Tra i miei obiettivi c’è anche quello di conoscere meglio il vino e i possibili abbinamenti; credo che il confronto tra chef e sommelier sia fondamentale per creare un percorso gustativo in carta.
Mi aspetto d’imparare molto anche dal mio recente ingresso come junior nella Nazionale Italiana Cuochi: partecipare agli allenamenti per le competizioni internazionali mi permetterà di aggiungere nuove informazioni al mio bagaglio di conoscenze. E siccome non mi basta mai, a ottobre inizio il corso di Alta Formazione pasticcere in CAST!
8. Dove ti vedi nel prossimo futuro?
Sicuramente con una padella in mano! 😉 Scherzo … seguirò nuovi format di ristorazione per l’azienda per cui lavoro, ma il mio obiettivo è di avere il mio ristorante, magari sul mare, dove possa trasmettere alle persone il mio amore per la cucina e il mio modo d’interpretarla. Tutto questo sarà possibile solo se continuerò a formarmi: la crescita nel mio lavoro che è essenziale.