Vita della scuola • 18.05.2015
Paolo Cappuccio è un cuoco che fa onore alla sua divisa. Come un ufficiale che ha giurato fedeltà alla patria, lui ha giurato fedeltà alla professione. Lo si percepisce subito: dall’aspetto fisico, curato con rigore maniacale, dall’atteggiamento sicuro e fiero, fino alle parole che marcano una linea fra chi può e non può diventare uno chef. Non è un gioco, non siamo in una trasmissione televisiva dove in una manciata di settimane una persona qualsiasi viene catapultata dal nulla all’empireo della cucina. Altezze fittizie da cui precipita in pochi attimi. La cucina è sudore, lunghe ore passate in piedi, anche quattordici o quindici, giorno dopo giorno. E se rimane un’ora libera, tra un servizio e l’altro, meglio passarla in palestra, per svuotare la mente e rendere il corpo ancora più temprato alla fatica. Chi non ce la fa è fuori. Così la domanda che Paolo Cappuccio ha voluto fare ai cuochi dell’Alta Formazione, uno per uno, è stata: “Cosa sei pronto a sacrificare?” Perché toglierai tempo alla famiglia, agli amici, al sonno e anche alla tua privacy, quando magari dovrai dormire in una stanza con i tuoi compagni di brigata. E non ci saranno Ferragosto, Natale o Capodanno. Tu lavorerai, mentre gli altri saranno seduti a tavola.
Ci dev’essere follia quando la passione è così forte da farti guardare solo verso l’obiettivo. Ma se il prezzo da pagare è alto, Paolo Cappuccio ha dato qualche esempio di cosa si può ricevere in cambio: mani, occhi e mente capaci di trasformare gli elementi. La consapevolezza che lo stesso ingrediente con consistenze e temperature diverse può dare ogni volta nuove sensazioni. Nelle ricette preparate durante la sua lezione magistrale lo Chef ha usato materie prime apparentemente banali: piselli, pomodoro, mozzarella e cipolla. Un food cost irrisorio, anche scegliendo la qualità massima del mercato. Un’eccezione per qualche scampo dai nobili natali. Ma anche dei piselli arrivano subito alla vetta della scala sociale degli ingredienti se, grazie allo chef, diventano gelato, spuma e crema. Come il pomodoro che si trasforma in gelatina o sorbetto.
Alla base di tutto, oltre all’immancabile follia, c’è la capacità tecnica. Procedure che Paolo Cappuccio ha mostrato in ogni passaggio. Il corretto uso del sifone, la gelatina in polvere o in fogli, come si conserva e si lavora il pesce, il momento in cui è giusto togliere una crema dal mixer per emulsionarla senza montarla. Ma la tecnica non è ancora abbastanza. In contemporanea alle ricette principali, lo Chef ha allestito una serie di decorazioni che, nella fase dell’impiattamento, ha delineato di fronte a sé in ordine cromatico, come la tavolozza di un artista. Poi, con pennelli e pinzette ne ha calibrato quantità e disposizione, un piatto dopo l’altro. Guarnizioni che hanno reso ogni piatto perfetto alla vista oltre che al palato.
Paolo Cappuccio ha raccontato e mostrato ai cuochi dell’Alta Formazione un mondo reale. Bello, ricco di soddisfazioni, ma precluso a chiunque abbia l’illusione che sia possibile riuscire senza sacrificio e rispetto di sé e degli altri. Verso la fine delle lezioni in aula e a pochi giorni dall’inizio dello stage formativo, un altro passo per mettere alla prova il loro sogno.