Vita della scuola • 24.04.2020
“Non ci sono traguardi che non si riescano a raggiungere nel nostro mestiere”
Theodor Falser nel corso della sua carriera di chef ha fatto un lungo viaggio culinario che lo ha portato in Ecuador, alle Bermuda, in Oman, a Dubai, in Cina e in Malesia. Dal 2014 è executive chef della “Johannesstube”, ristorante gourmet 1 stella Michelin presso l’Hotel Engel di Nova Levante (BZ). Gestisce, inoltre, le cucine di bordo delle navi da crociera della Tui Cruises, il ristorante “La Scala” dell’Hotel Sukhothai di Shanghai e della catena di hotel di lusso Amavi di Cipro. In CAST Alimenti, Theodor ha portato la sua idea di cucina che sposa i sapori della tradizione altoatesina e le materie prime locali all’innovazione di tecniche e abbinamenti originali, in una fusion sorprendente.
1. Da dove nasce la tua passione per la cucina?
Risale alla mia infanzia. Sono cresciuto nell’azienda agricola di famiglia, in cui tutto era autoprodotto, anche l’affumicatura delle salsicce. Eravamo in 6, i soldi erano pochi e venivano tutti reinvestiti in azienda. La mia è stata un’infanzia molto semplice e felice. Ci ha cresciuti mia nonna. Ricordo che si andava a raccogliere le verdure di stagione nell’orto: due porri, fagioli, carote, biete… pochi ingredienti per un minestrone in cui non si scartava nulla, neanche le foglie verdi del porro. Eppure, il ricordo di quel minestrone è ancora lì, registrato nella mia mente. E’ così che è nata la mia passione per la cucina.
2. Quali scuole di cucina hai frequentato e quanto conta una buona formazione nel tuo mestiere?
Proprio oggi, con i ragazzi dell’Alta Formazione di CAST, ho parlato del mestiere di cuoco e della mia carriera: dopo 3 anni di apprendistato a Bolzano, sono andato a lavorare in Svizzera con il preciso obiettivo, per quanto non parlassi inglese, di fare un percorso professionale all’estero. In Alto Adige ci sono tornato dopo ben 14 anni. Sono convinto che fare carriera nella nostra professione sia più facile oggi di allora: basta avere buone basi di cucina, la mente aperta e internet che ti aiuta a trovare lavoro ovunque nel mondo. Solo per farti capire come sono cambiati i tempi: oltre vent’anni fa, ero a Lugano a lavorare, ricevetti un’offerta di lavoro a Dubai. M’infilai di corsa in biblioteca per documentarmi, perché non sapevo nulla di quel paese. Una cosa impensabile oggi con il web!
3. Nel tuo percorso professionale, colpisce la grande quantità di esperienze internazionali in paesi, strutture e situazioni di cucina completamente differenti. E’ un bagaglio di esperienze che consiglieresti ad ogni giovane chef?
La cosa più importante per il mio staff, quando facciamo formazione, è fornire ai ragazzi le basi, le tecniche di cucina tradizionale, non della cucina moderna che cambia con le tendenze. Su queste basi si può costruire la “casa”, la professione, a cui aggiungerei sempre l’esperienza all’estero. Partendo dalla mia personale esperienza e dal fatto che tutti i miei progetti di ristorazione in Italia e all’estero sono il risultato di buoni rapporti professionali conservati nel tempo e di serietà sul lavoro, è importante, nella ricerca della propria strada per fare carriera, non “sbattere mai la porta alle spalle”: quindi cambiare, se lo si desidera, ma mantenendo sempre buoni rapporti. C’è poi un consiglio che voglio dare ai ragazzi che decidono di abbandonare la “confort zone” familiare per fare gli chef in giro per il mondo: nel nostro lavoro non conta chi sei, come sei cresciuto, da dove vieni… il tuo bagaglio, la tua ricchezza te li porti dietro e sono quei valori che possono ispirare il proprio stile di cucina.
4. Cosa hai portato della tua esperienza internazionale in Alto Adige e come l’hai adattata alla cucina locale? Mi spieghi il tuo progetto “Taste Nature”, così connesso alla tua filosofia di cucina?
Il mio ritorno in Italia, ormai 10 anni fa, ha coinciso con un ripensamento del mio modo di cucinare: da globale, frutto di tanti anni all’estero, ad uno più “stanziale”, ispirato ai valori della cucina altoatesina. Il progetto “Taste Nature” rimanda proprio alle radici della cucina tradizionale: materie prime locali e di stagione, processate con tecniche e abbinamenti di sapori che ho acquisito nelle cucine di tutto il mondo. Che significa, una grande ricerca della materia prima. Sono, infatti, solo 4 i prodotti che uso che provengono da fuori provincia: caviale di salmerino e di trota, zucchero e sale. Non utilizzo, per esempio, l’olio d’oliva, ma di cumino o di lino e nemmeno la cioccolata. Ma non vado alla ricerca di prodotti a km.0; ciò che mi interessa di più è dare da vivere a chi sta vicino al mio ristorante. Per esempio, Michael, il contadino di 22 anni che mi fornisce buona parte della materia prima, è lui la mia “stella Michelin”; senza di lui il mio progetto non funzionerebbe. Pensa che per noi riesce a produrre in permacultura 178 tipi diversi di verdure ed erbe bio, a 1300 mt. di altezza! In montagna le verdure crescono più lentamente, ma hanno tutto un altro sapore. Ho detto ai ragazzi questa mattina in aula di non iniziare un dialogo con i propri fornitori con il fatidico “Quanto costa?” Di non metteteli sotto pressione. Si rischia, altrimenti, che per produrre di più a basso costo, “forzino” la natura dei prodotti, a scapito della qualità. E a rimetterci, alla fine, sono i nostri clienti.
5. Ci sono degli ingredienti o delle tecniche che meglio rappresentano la tua cucina?
Definirei la mia tecnica “glocal”: è la fusione tra le materie prime locali e le esperienze e le tecniche imparate nei vari Continenti dove ho lavorato. Nella carta del mio ristorante a Nova Levante si può trovare bao bun fatto con anatra locale, tacos di grano saraceno e marshmallow al pino mugo.
6. Tu che sei stato il più giovane Executive chef della catena internazionale Shangri-La, quando scegli il personale per la tua brigata, a cosa presti più attenzione?
Cerco “il fuoco” negli occhi dei ragazzi! Voglio passione, umiltà e curiosità. Dal curriculum vitae mi interessa sapere gli anni di attività e se si è tornati a lavorare nelle stesse cucine, perché questo è un indizio importante per me. Do, invece, poco peso all’elenco di esperienze in ristoranti stellati, perché la nostra cucina è differente; lavoriamo con materie prime poco conosciute per cui conta di più la curiosità e la velocità di apprendimento.
7. Quale testimonianza vorresti lasciare ai ragazzi che hanno seguito oggi la tua lezione?
Che tutto è possibile nel nostro lavoro, io ne sono un esempio. Tutti possono fare tutto, basta dedicarci massimo impegno. Certo, i sacrifici sono tanti e li devi mettere in conto, ma non ci sono traguardi che non si riescano a raggiungere nel nostro mestiere.