In aula • 20.02.2023
Per descriversi Gian Luca Forino ha coniato il termine di “pasticcere in viaggio” che riassume bene il connubio di poliedricità, creatività e dinamismo che caratterizzano la sua figura professionale. Infatti, molte delle sue ricette traggono ispirazione dai suoi viaggi, come il libro “ln viaggio: Diario di un pasticcere” in cui traduce in dolci, i profumi e le sensazioni provate nel suo girovagare per il mondo.
Per chi non lo conosce come autore, ci sono anche le sue partecipazioni televisive: da quella all’edizione 2014 de “Il Più Grande pasticcere”, il talent show RAI dedicato alla pasticceria professionale, in cui si è piazzato al secondo posto, a quella come tutor di pasticceria nel programma “Detto Fatto”.
Ma Gian Luca Forino, 34 anni, romano, è prima di tutto un maestro pasticcere, con molti successi che arricchiscono il suo “cursus honorum”. Dopo un anno come allievo Ropa in CAST Alimenti, dove conosce e apprende l’arte dai più grandi maestri pasticceri, nel 2013 vince l’oro al Campionato Mondiale di Pasticceria Juniores e si aggiudica anche i premi speciali per miglior scultura in zucchero, miglior scultura in cioccolato, miglior torta moderna e migliori praline. I due anni successivi sono dedicati al cioccolato: Gian Luca diventa degustatore ufficiale dell’International Chocolate Institute e nel 2015 ottiene l’argento all’International Chocolate Award. Lo stesso anno apre il suo primo locale, La Portineria, in zona Porta Pia a Roma a cui seguirà la gestione della pasticceria del Caffè Hungaria.
Gian Luca ha collaborato a programmi universitari di ricerca e sviluppo nell’ambito della microbiologia delle fermentazioni nello specifico sul lievito madre. Da quest’anno è entrato a far parte del corpo docenti di CAST Alimenti, insegnando sia nei corsi di Alta Formazione Pasticcere e Pasticcere da ristorazione e d’albergo che in quello per Cioccolatiere e nelle specializzazioni.
Nei corsi di Alta Formazione in CAST di cui sei docente hai un ruolo importante e allo stesso tempo delicato da svolgere, quello d’insegnare le basi del mestiere. Come lo affronti?
Quando devo trattare come docente il primo blocco formativo, quello in cui si insegnano le basi, per esempio la pasta sfoglia, cerco sempre di spostare il focus dalla mia figura, quindi quella di pasticcere con le conoscenze e competenze specifiche che definiscono il mio stile, per concentrarmi invece sui fondamenti della pasticceria che hanno valore universale. Capita però, nel corso della settimana di mia competenza, di discutere con i ragazzi degli sbocchi professionali e creativi del mestiere e suscita sempre molta curiosità il mio concetto di pasticcere in viaggio. Ed è qui che interviene la mia visione personale della pasticceria, a tal punto che è diventata parte del ricettario del corso la pasta sfoglia aromatizzata alla paprika affumicata, per fare rustici, pizzette e grissini oppure la sfoglia al latte di cocco e curry rosso thai per aperitivi gourmet o da abbinare a cene etniche.
Anche il settore del cioccolato si sta rapidamente modificando, aprendo nuove prospettive di mercato: in base alla tua esperienza su quale aspetto pensi bisognerebbe puntare ancora di più dal punto di vista della formazione nella cioccolateria nel prossimo futuro?
Premetto che il mondo della cioccolateria è vastissimo e molto sfaccettato, con una clientela molto esigente in questo settore in cui la ricerca di qualità è costante. Per tutte queste ragioni, nell’ambito delle mie due settimane di formazione dedico uno spazio all’analisi sensoriale e alla degustazione del cioccolato. In qualità di degustatore ufficiale dell’International Chocolate Institute penso che conoscere in modo approfondito il cioccolato aiuti a fare delle creazioni molto più centrate. La degustazione di un cioccolato, infatti, può suggerire delle informazioni aromatiche utili per creare prodotti che per assonanza o per contrasto hanno un risultato sconvolgente a livello gustativo. Cercare di capire a fondo un ingrediente è anche il filo conduttore del gusto della pasticceria contemporanea.
Rispetto alle prospettive di sviluppo del mercato del cioccolato c’è poi tutto il mondo del “bean to bar” che sta avendo un grande successo, quello delle spalmabili e quello degli eventi per cui è possibile, con relativa facilità, creare prodotti customizzati grazie alla grande duttilità del cioccolato.
Nonostante la tua giovane età puoi già vantare un percorso professionale ricco di successi ed esperienze: ce n’è una che ritieni indispensabile fare e che consiglieresti ai tuoi allievi?
Più che le esperienze, che sono molto personali, c’è un consiglio che mi sento di dare: quello di cercare sempre di collocarsi come figura di intermediazione professionale, di equilibrio tra il dipendente e il datore di lavoro. A volte infatti il dipendente fatica a capire le ragioni, professionali e umane, del datore di lavoro e viceversa. Mettersi in posizione d’ascolto, essere disponibile nei confronti degli altri ti rende più facile lavorare in team e, a volte, ti rende indispensabile.
Ne ho anche uno, più personale, che dovrebbe essere, secondo me, seguito da tutti i futuri pasticceri, ed è di essere sempre curiosi e con questo “bagaglio” fare almeno una volta un viaggio da soli. Perché soli? Perché è la condizione ideale che ti permette di essere aperto e ricettivo a ciò che ti circonda, per lasciarti contaminare senza sovrastrutture. Anche questo mio modo di relazionarmi con il mondo che mi circonda mi è servito per vivere in maniera diversa la pasticceria e diventare un “pasticcere in viaggio”.
Creatività, sperimentazione, tecnica, estetica, gusto, … cosa della tua cifra distintiva in pasticceria vuoi trasmettere nei tuoi corsi di AF e di specializzazione?
Facendo spesso degustazioni, quello che noto è che le persone hanno difficoltà ad associare gusti e sapori a quello che stanno degustando, a meno che non vengano guidati. Una difficoltà che attribuisco ad una incapacità, in generale, a degustare in modo consapevole. Spesso mi diverto a paragonare queste persone a dei bibliotecari disorganizzati: cercano, ad esempio, “I promessi sposi”, sanno vagamente dov’è il romanzo, ma non riescono a trovarlo. Nel mio corso “Il gusto della pasticceria contemporanea”, per esempio, ma anche nell’Alta Formazione, insegno come organizzare la propria libreria gustativa affinché il richiamo sensoriale alle note aromatiche sia immediato. Assaggio un prodotto e subito so dove trovare i miei “promessi sposi”, quindi il dattero, il lampone, l’albicocca, … Non male il Manzoni, “degustato” così!