Chiara Regattieri, 27 anni panificatrice e Matteo Pinardi, 31 anni pasticcere, titolari di “Tipo Due. Forno contemporaneo” a Mantova

Chiara Regattieri, 27 anni panificatrice e Matteo Pinardi, 31 anni pasticcere, titolari di “Tipo Due. Forno contemporaneo” a Mantova

Il nostro modo di fare pane è volutamente diverso dalle convenzioni. Abbiamo fatto delle scelte produttive che ci permettono di avere una vita il più possibile normale

La farina è il trait d’union che lega i destini professionali e sentimentali di Chiara e Matteo e “Tipo Due” è il nome che hanno scelto per l’insegna della loro nuova attività: due come sono loro, una panificatrice e un pasticcere, e due come la tipologia di farina semi-integrale che è alla base della loro proposta di panificazione. La folgorazione di Chiara per il pane avviene durante uno stage estivo da “Pan de Frà” a Senigallia a cui segue il corso di Alta Formazione Panificatore in CAST e ancora uno stage da “Forno Brisa” a Bologna. Le scelte che Chiara e Matteo hanno fatto per la loro “forneria contemporanea”, sono espressione della loro idea di panificazione moderna, a cui si è adeguata anche l’offerta dolce, con una produzione che esalta le competenze di Matteo. Diplomato cuoco alla scuola alberghiera, Matteo si accorge presto che nelle cucine non piace a nessuno occuparsi dei dolci. Nasce così, prima da autodidatta e poi con un percorso che ha compreso l’Alta Formazione Pasticcere in CAST, uno stage da Sebastiano Caridi e tanti corsi con i Maestri di CAST (Forcone, Donatone, Marinato, Laghi, …), la sua passione per la pasticceria a tutto tondo che oggi trasferisce nelle sue creazioni. A un anno esatto dall’apertura di “Tipo Due” il bilancio è al di sopra delle più rosee aspettative, con una clientela fidelizzata che ha imparato ad apprezzare la loro proposta di pane più “vero”, senza troppe concessioni alle tendenze del mercato e orari di lavoro normali che rispettano la qualità di vita di una giovane coppia di professionisti di talento.

Il claim del vostro panificio “Tipo Due” è: forneria contemporanea. In cosa si differenzia da un panificio tradizionale?
Chiara – Innanzitutto, a differenziarci da un forno tradizionale è la modalità di produzione. Infatti, utilizziamo lunghe fermentazioni a bassa temperatura con lievito madre, che ci permettono di impastare e formare il pane durante il giorno e cuocerlo la mattina seguente. Questa tecnica ha un duplice vantaggio: permette a noi di non lavorare nel cuore della notte e porta notevoli benefici al prodotto finito.
Un’altra differenza è l’attenzione alla materia prima. In particolare prediligiamo l’utilizzo di materie prime 100% italiane, da filiera controllata o biologiche ed evitiamo i semilavorati ed ogni tipo di additivi (coloranti, conservanti, ecc.). Alle tipologie di pane tradizionali, preferiamo il pane scuro, integrale o semi-integrale e le grandi pezzature. Per cui no, da noi non troverai le mantovane!
Matteo – Anche i miei prodotti seguono gli stessi principi, quindi grande attenzione alle materie prime impiegate nei miei dolci da colazione, monoporzioni con basi da forno, biscotti, sfogliati e grandi lievitati che propongo tutto l’anno. Ecco perché, oltre le mantovane, da noi non troverai nemmeno le torte colorate per i compleanni dei bambini!

Il settore della panificazione sta subendo un’importante trasformazione, in termini produttivi, tecnologici ed etici. Da giovani artigiani, quali di questi cambiamenti è più in sintonia con il vostro modo di lavorare?
Chiara – Crediamo che tutti e tre questi aspetti siano fondamentali non solo nella panificazione, ma in tutto il comparto gastronomico.
Dal punto di vista produttivo riteniamo che sia più importante concentrarsi sulla qualità, piuttosto che sulla quantità, per curare al meglio ogni prodotto. Le aziende continuano a proporre nuove soluzioni tecnologiche e sfruttarne le potenzialità nella nostra attività è d’obbligo, per trarne beneficio sotto più punti di vista: garanzia di continuità del livello qualitativo dei prodotti, ottimizzazione dei tempi e dei costi produttivi, semplificazione del lavoro.
C’è poi un aspetto del nostro settore che, soprattutto per noi giovani artigiani, è imprescindibile: l’etica che passa attraverso la scelta delle materie prime che implica il rispetto per il lavoro del fornitore e per il consumatore. L’etica di filiera è essenziale per dare valore al lavoro artigiano anche proiettato nel futuro.

Nel vostro percorso professionale c’è un elemento che reputate particolarmente importante e distintivo della vostra identità e modo di lavorare?
Matteo – La scelta di intraprendere questa attività è stata dettata soprattutto dalle nostre esperienze professionali precedenti, grazie alle quali abbiamo imparato la responsabilità e l’importanza dell’etica del lavoro.
A questo abbiamo poi unito la necessità di una scelta sempre più selettiva delle materie prime e le conoscenze tecniche acquisite durante i nostri percorsi formativi e le esperienze lavorative.
Ma è stato solo quando abbiamo avviato la nostra attività che abbiamo capito quanto sia importante sapersi destreggiare tra le nozioni tecniche apprese e la sperimentazione. In “Tipo Due” ci divertiamo a realizzare prodotti in cui la voglia di creare cose nuove nasce dall’impiego di tecniche consolidate. Perché essere giovani ed entusiasti come noi non significa essere degli sprovveduti. A un anno dall’apertura della forneria, i clienti hanno potuto testare la nostra competenza e la apprezzano.

Secondo te Chiara, esiste un modo “femminile” di panificare?
Non mi sono mai chiesa se questo lavoro sia più adatto a me o a un uomo. La mia passione per questo mestiere è cresciuta in un mondo prettamente femminile, da “Pan de Frà” eravamo in tre donne a fare il pane. Per questo ti dico, con cognizione di causa, che non esiste un modo “femminile” di panificare, e la presenza sempre crescente di figure femminili in questo settore, ritenuto da sempre appannaggio degli uomini, è l’evidenza che le differenze di genere si stanno riducendo sempre di più. Infatti, con Matteo la divisione dei ruoli in laboratorio è stata decisa dalle competenze di ognuno e non dal sesso. Ma accade ancora, quando sono dietro al banco, di essere presa per la commessa del negozio e non per la panettiera!

Matteo, che ricordi hai del tuo periodo trascorso in CAST Alimenti? Ciò che hai imparato ti è stato utile nel lavoro?
Il periodo trascorso in CAST è stato per me “rivoluzionarlo”, mi ha cambiato non solo professionalmente, ma anche caratterialmente. Poter contare su delle basi solide mi ha dato quella consapevolezza e sicurezza su cui ho costruito la mia idea di pasticceria. Ho cambiato il modo di vedere le cose, dentro e fuori dal laboratorio, adottando un metodo scientifico che mi permette di avere la libertà di sperimentare sentendomi più sicuro.
Inoltre CAST mi ha permesso di conoscere molti straordinari professionisti, con alcuni dei quali sono diventato amico, ed il costante confronto con loro mi consente di crescere nel mio lavoro.

Dove vi vedete fra qualche anno?
Probabilmente in laboratorio! Si scherza, o forse no 🙂
A proposito di contemporaneità e trasformazione dei processi produttivi … sfruttando proprio questi cambiamenti, tra qualche anno potremmo decentrare la produzione e vendere i nostri prodotti anche su altri canali (e-commerce e ristorazione, per esempio) in modo da allargare la clientela di “Tipo Due” che da realtà di quartiere diventerebbe così negozio digitale.