In aula • 29.04.2022

Beppe Maffioli, chef e docente dei corsi di Alta Formazione Cuoco e di Specializzazione in CAST Alimenti

“Nella mia filosofia di cucina la materia prima è il punto di partenza per raccontare il territorio che ci ospita.” Questa frase racchiude tutto il senso della cucina di Beppe Maffioli, noto ed apprezzato chef e docente del Corsi di Alta Formazione Cuoco e di Specializzazione per professionisti in CAST Alimenti.
Patron e chef da più di 25 anni del ristorante “Carlo Magno” di Brescia, Beppe Maffioli fa del rispetto degli ingredienti la sua cifra stilistica, in grado di rinnovarsi ed evolvere continuamente alla ricerca di materie prime d’eccellenza che valorizza grazie alla sua lunga esperienza. Eccellenza tecnica, preparazioni sane ed equilibrate e creatività fanno anche sempre parte del bagaglio di conoscenze che il maestro Maffioli condivide con gli allievi che frequentano i suoi corsi in CAST.
Ma oltre alle capacità professionali indiscutibili di Beppe Maffioli c’è un tratto che lo distingue e che lo rende molto amato tra colleghi e allievi: la sua gentilezza e disponibilità, la grande cortesia con cui si pone verso gli altri che fanno allungare la fila dei ragazzi che vogliono fare lo stage nelle cucine del suo ristorante!

Se tu dovessi descrivere in 3 sostantivi il tuo corso nell’Alta Formazione Cuoco, quali sceglieresti e perché?
E’ importante partire da una premessa: nel corso di Alta Formazione Cuoco io mi occupo dell’apertura, quindi l’ABC della professione di chef. Un compito che considero molto importante e delicato perché devo, fin da subito, dare delle regole mantenendo allo stesso tempo viva nei ragazzi la scintilla della passione per questo mestiere, senza deludere le loro aspettative.
Con i ragazzi del mio corso mi comporto sempre come se fossi in presenza di una brigata di cucina: dei ragazzi cerco di capire prima di tutto la determinazione, poi la curiosità e infine l’umiltà, se sono disposti a mettersi in discussione e a rapportarsi con altri. Non è un caso se si usa il termine “brigata” che ha un’origine militare, anche in cucina. Se si vuole che il lavoro in gruppo funzioni, infatti, ogni membro della brigata deve imparare a rispettare i diversi ruoli che la compongono. Ma la mia attenzione non si appunta solo sulle attitudini degli allievi, la loro propensione a lavorare in gruppo, gli aspetti del loro carattere, anche i gesti sono importanti, perché saranno i dettagli a fare la differenza fra loro e gli altri. Ti faccio un esempio: prima della pausa, quando si tolgono il grembiule e lo appoggiano sul banco di lavoro, io gli dico di piegarlo perché non si stropicci. E’ un fatto di ordine e pulizia, ma anche di cura e attenzione che presteranno anche nella preparazione del piatto.

Anche per le caratteristiche del tuo ristorante, hai maturato una grande competenza nel catering e nel banqueting: sono temi che tratti nel tuo corso? Ritieni che queste competenze debbano fare parte delle esperienze professionali di uno chef?
Parte del lavoro di uno chef è non solo saper tenere assieme una brigata sapendo valorizzare le singole individualità, ma anche il piacere dell’organizzazione che consiste nella condivisione del lavoro da fare, a partire dalla mise en place con le mansioni di ognuno al servizio, in tutte le sue diverse articolazioni. Il banqueting ed il catering, di cui facciamo delle simulazioni durante il mio corso, sono degli importanti banchi di prova per i ragazzi. Riuscire a fare un piatto gourmet anche per un catering, mantenere la qualità anche sui grandi numeri, è una sfida ma anche una bella soddisfazione che completa le competenze di uno chef.

Hai anche un diploma di sommelier AIS, che ti caratterizza ulteriormente nello scenario professionale. Pensi che per uno chef sia importante avere conoscenze enologiche?
Ritengo necessario per uno chef, prima ancora di avere conoscenze dei vini, avere conoscenze enologiche per degustare, per cogliere con più attenzione i dettagli di ciò che sta mangiando. Già nella fase di compilazione delle schede tecniche, infatti, e poi nell’abbinamento con un piatto, capire di un vino le parti sapide, acide, ecc. è fondamentale per imparare a degustare non solo il vino ma anche il cibo. Una volta, infatti, che uno chef ne ha acquisito la memoria, queste “note” gli restano in bocca al punto che quando crea un piatto queste sensazioni si ripresentano e gli sono d’aiuto nel fare un piatto corretto, digeribile, armonioso, ecc.
Quindi, anche sulla base della mia esperienza personale, ritengo il corso di sommelier importantissimo per uno chef per imparare a degustare un cibo, che va oltre il piacere di capire le principali distinzioni tra vitigni e aree vocate. Acquisire una cultura enologica, infatti, aiuta lo chef a confrontarsi con il suo sommelier per decidere il vino più adatto ad esaltare le caratteristiche dei suoi piatti. Perché anche il vino è parte del gioco creativo del nostro lavoro, molto più di quanto si pensi.

Sei molto amato dagli allievi della scuola per la tua pacatezza e disponibilità nel condividere le tue conoscenze, che si traduce in grande autorevolezza. In una brigata di cucina si ottiene di più con la severità o con la gentilezza?
Con la correttezza! La correttezza per me riassume in sé i concetti di condivisione, ascolto e rispetto delle persone e autorevolezza, perché alla fine sono io che faccio sintesi e decido. Quindi direi che le due cose, severità e gentilezza, coesistono nella mia cucina e chi lavora con me lo capisce e lo accetta di buon grado.