In aula • 31.10.2024

Un corso che punta a formare cuochi con competenze spendibili nel mercato della ristorazione. Questo è l’obiettivo del nuovo AFC per Chef Ghilardi

È iniziato il corso di Alta Formazione Cuoco diretto dal nuovo Executive chef di CAST Alimenti, Antonio Ghilardi, cuoco “di lungo corso” che dopo 40 anni nelle più prestigiose cucine italiane ed internazionali, è pronto a condividere la sua esperienza e la sua visione di ristorazione con gli allievi della scuola.

Nato ad Alzano Lombardo (Bergamo) si forma all’Istituto Alberghiero di S. Pellegrino Terme, ma il vero banco di prova è il Grand Hotel di Rimini, dove si ferma per tre stagioni. Qui conosce lo chef Alberico Penati che lo mette in contatto con Gualtiero Marchesi, l’innovatore della cucina italiana moderna: a fine agosto 1983 entra in Bonvesin de la Riva a Milano insieme a Carlo Cracco, Andrea Berton e tanti altri.

Due anni più tardi inizia a viaggiare: Le Cirque di New York, dove impara l’importanza dell’organizzazione degli spazi di cucina e del team di lavoro; poi a Parigi, al ristorante Lucas Carton di Alain Senderens, dove si specializza nelle tecnologie di cottura più innovative per l’epoca.

Rientrato a Milano, sempre da Gualtiero Marchesi, lavora con i “Marchesi Boys” Davide Oldani, Enrico Crippa e Pietro Leemann. Dal 1989 avvia l’attività di consulenza per i ristoranti, una novità nel settore. Tra i progetti più interessanti il Ristorante I Picci di Reggio Emilia che ottenne la stella Michelin.

Dal 1994 è al ristorante Papillon di Torre Boldone (BG), di cui dal 2002 è chef e proprietario. Benché siano passati 40 anni dal suo esordio professionale, chef Ghilardi vive la cucina con l’intensità e la passione degli inizi, le stesse che vuole trasmettere agli allievi di CAST.

Ci può descrivere brevemente il nuovo corso di Alta Formazione Cuoco e quali competenze punta a fornire agli allievi?
Nell’arco delle 16 settimane in cui è strutturato il corso, gli allievi apprenderanno quelle competenze, quelle skill, che li renderà immediatamente operativi nell’attuale mercato della ristorazione. Per questa ragione il corso parte dalle basi, per fornire ai ragazzi una nomenclatura condivisa, un linguaggio comune, diciamo così, in qualsiasi cucina si troveranno ad operare. E quindi fondi, condimenti e salse, conoscenza degli ingredienti, strutturazione, da un punto di vista organizzativo, della realizzazione di un piatto, … sono tutti parte dei primi passi di questo percorso formativo. Gli allievi impareranno anche a sfilettare un pesce, disossare un pollo e a conoscere i diversi tagli degli animali. Insieme alla tecnica e all’organizzazione, il corso fornirà loro anche gli strumenti per capire come si comportano chimicamente le diverse preparazioni, qual è, per esempio, la differenza fra un’emulsione e una soluzione. La formula del nuovo corso di Alta Formazione Cuoco in CAST sarà un giusto mix tra nozioni e pratica a cui ho aggiunto un “ingrediente speciale”, la mia lunga esperienza perché, come diceva il maestro Marchesi: “L’esempio è la migliore forma di insegnamento.”

Ci sono dei temi che appartengono al settore ristorativo che le stanno particolarmente a cuore e che troveranno spazio nel corso?
Un tema importante su cui si basa il corso di AF Cuoco, per me opportuno anche dal punto di vista culturale, è l’educazione dei nostri allievi alla sostenibilità. Nella nostra cucina recuperiamo con attenzione gli scarti: tutto ciò che è edibile viene recuperato e se possibile utilizzato in altre preparazioni. Si fa anche molta attenzione ad evitare lo spreco energetico, grazie alle tecnologie innovative delle nostre attrezzature e i prodotti che avanzano o sono in surplus vengono consegnati alla Caritas di Brescia.
Sempre nell’ottica di formare in CAST professionisti subito spendibili nel mercato della ristorazione moderna, il corso approfondisce anche gli aspetti gestionali e commerciali propri di un’attività ristorativa. Per esempio, sviluppare competenze gestionali per capire come si calcola il food cost di un piatto e quanto farlo pagare o come fare gli acquisti e come utilizzare certi ingredienti, magari molto costosi, che però, se impiegati nel modo giusto, valorizzano il piatto e ne alzano il pricing, … Queste sono tutte attività che attengono al mestiere dello chef sia che abbia la propria impresa, sia che lavori in attività ristorative come dipendente. Per la stessa ragione, voglio stimolare gli allievi ad immaginare il format ristorativo dei loro sogni e a come realizzarlo, partendo dal business plan e dall’analisi del mercato (location, concorrenza, tipologia di clientela, …). Spiegheremo loro che strutturare un menù significa, prima di tutto, definire la proposta gastronomica distintiva della propria attività, la cui sostenibilità dipende da un corretto calcolo dei costi. Anche il layout del locale è strettamente legato a tutte queste decisioni, così come la struttura e l’organizzazione del flusso di lavoro in cucina, la scelta delle attrezzature e la gestione degli spazi.
Sono tutti concetti che costruiremo assieme agli allievi. Amo dire agli studenti: “Immaginate la vostra attività ed io vi do la mappa da seguire per poterla realizzare”.

Nella sua lunga carriera avrà lavorato con tanti aspiranti chef. C’è qualcosa nella manualità o nel modo di affrontare il lavoro che le fa subito capire se un ragazzo ha “i numeri” per diventare chef e cosa secondo lei è più importante avere come qualità?
Secondo la mia esperienza, la manualità non basta per fare un bravo chef, occorre prima di tutto grinta, sensibilità e anche una grandissima memoria per acquisire con il tempo e l’esperienza una propria cultura culinaria e merceologica; una mente ricettiva e curiosa e la capacità tecnica di tradurre queste conoscenze in pratica completano il talento.

Lei è vegetariano fin da ragazzo. Per uno chef è più un limite o una sfida?
È vero, non mangio carne per una scelta salutare, perché mi sento più lucido ed efficiente. Mangio però formaggi, pesce, … quindi mi piace definire la mia scelta più uno status che un limite o una sfida. Anche perché la carne la tratto normalmente nel mio menù e pur non mangiandola, mi piace moltissimo lavorarla. Certo che se devo scegliere tra un’insalata di carciofi crudi e un filetto di manzo, io sono per i carciofi! Ma rispetto le scelte e i gusti di tutti.