C’è una pasticceria che profuma di Francia nel quartiere Isola a Milano. Un format con un’identità chiara, fatta di scelte rigorose, qualità delle materie prime, grande tecnica e formazione continua per realizzare creazioni dolci e salate che coprono tutto l’arco della giornata e che hanno come comune denominatore la cultura gastronomica francese. E la Francia è anche nel destino professionale e personale di Angela, pasticcera e titolare assieme al marito Fabrizio di “L’Ile Douce”. Dopo il diploma in scienze umane, Angela non sa bene dove indirizzare la sua energia creativa. L’incontro con il pastry chef francese Pascal Piermattei durante un periodo di lavoro presso la storica pasticceria Gamba di Mantova, le fa capire che l’arte pasticcera è proprio ciò che sta cercando. Dopo la formazione in CAST nell’Alta Pasticceria, inizia a lavorare a Milano dal maestro e campione del mondo Massimo Pica, ma l’amore ha presto il sopravvento e la sua strada professionale si congiunge a quella di Fabrizio nel progetto di pasticceria contemporanea “L’Ile Douce”, dove la loro passione per la Francia diventa una scelta distintiva. Il successo arriva in fretta, tanto che le uniche recensioni negative sono per le lunghe code d’attesa che si formano davanti al negozio. Tanta roba per una città come Milano, dove di certo non manca l’offerta! Ma entrambi vogliono ancora di più. Scopriamolo insieme.
Pasticcerie che osano. Ultimamente mi imbatto in giovani pasticceri che fanno scelte impopolari. Preferiscono non accontentare il cliente sempre e comunque, per non interrompere la routine produttiva. E questo vale anche per l’offerta dei prodotti, il servizio, gli orari di apertura, … Anche voi avete preferito educare il cliente, perché?
Abbiamo preferito educare il cliente alle nostre “regole” per una questione di organizzazione di produzione interna e per garantire standard qualitativi alti. Se prendessimo ogni richiesta del cliente, dovremmo lavorare h24, senza limiti. Purtroppo, siamo talmente abituati ad avere tutto con un click e subito, che pretendiamo anche da attività artigiane lo stesso servizio. Se così fosse, i nostri collaboratori dovrebbero rinunciare ai loro riposi infrasettimanali e dovrebbero fare extra tutti i giorni, cosa non eticamente corretta e che farebbe ritrovare Fabrizio e me, da soli, molto presto.
Circa l’offerta dei prodotti, è importante che il cliente comprenda la scelta anche qualitativa dietro ad ogni ‘regola’ che abbiamo adottato: con una linea di produzione ben definita c’è un margine di errore quasi nullo, e la qualità rimane sempre la stessa. A volte ci vengono fatte richieste di dolci con abbinamenti non solo inadeguati, ma anche con materie prime che non rispecchiano la ricerca di qualità alla quale puntiamo.
Anche per quanto riguarda gli orari di apertura, per noi è importante gratificare il nostro team e lasciargli modo di festeggiare le principali festività a casa con le famiglie, anziché lavorare sempre. Piuttosto rinunciamo a qualche giorno di apertura, ma senza lasciare un minimo di libertà, non si riuscirebbe a costruire un gruppo solido.
Proporre la pasticceria francese in chiave contemporanea a Milano. Quanto è stato difficile far capire questa vostra scelta?
Inizialmente, la forte identità francese di L’Ile Douce non è stata ben accolta da tutti. Il milanese entrava con richieste specifiche: il cannoncino, il mignon, la brioche e restava deluso. Ben presto quei clienti hanno lasciato spazio ad una nuova clientela che non solo apprezza, ma sceglie questo tipo di format.
Angela, tu ti occupi della produzione. Come hai organizzato il laboratorio per far fronte ai picchi stagionali o anche solo per conciliare l’offerta di dolce e salato?
Io mi occupo di produzione, di organizzare il lavoro in laboratorio che è a Porta Genova, quindi decentrato rispetto al negozio. Lo faccio settimanalmente, anche se in realtà per le festività principali, per forza di cose, occorre partire con mesi di anticipo, quindi la pianificazione è completamente diversa, si parte ad agosto per il Natale e a Natale con la Pasqua. Organizzo tutto con l’utilizzo di app e software che mi facilitano il lavoro, creando le attività giornaliere e sotto attività, riporto tutto in modo molto dettagliato quasi maniacale, di modo che sia compreso da tutti, dagli ingredienti a come si chiude il fiocco di un packaging. Questo per rendere il processo di lavoro il più possibile standardizzabile e riproducibile da tutto il team. Avendo anche un’offerta salata, cerco di mettere in produzione la proposta di pranzi quando siamo più tranquilli con la nostra produzione dolce, in modo da non avere mai momenti di pausa.
Piermattei, Pica, Grolet: quanto è stato importante l’esempio dei maestri per la tua formazione professionale?
Sicuramente i maestri che sono stati presenti nella mia formazione hanno inciso parecchio, ho appreso la tecnica ma anche la loro organizzazione del lavoro, anche se personalmente faccio sempre un po’ a modo mio, prendo da tutti, ma agisco di testa mia, spesso anche sbagliando. Inoltre, inutile a dirsi, la maggiore influenza rimane comunque quella di mio marito, visto che lavoriamo insieme!
Come ti spieghi la formula vincente di L’Ile Douce?
Non esistono “formule vincenti”, magari! Alla base di quelle che vengono denominate tali, c’è tanto sacrificio, a livello di orari, di impegno e, non da meno, economico. Sicuramente, dare un’identità così forte al progetto a lungo andare premia. Oggi giorno si vedono attività che fanno di tutto un po’, senza avere un filo conduttore alla base, e purtroppo quel tipo di formula ha successo (generalmente) solo i primi mesi.
Che ricordi hai del periodo trascorso in CAST Alimenti?
Ho un bellissimo ricordo della mia formazione in CAST. Si è creato un fortissimo legame con la mia classe, che ho mantenuto. Eravamo un gruppo di grandi appassionati, e non solo al mondo della pasticceria, ma proprio al mondo dell’enogastronomia in tutti i suoi aspetti. Ricordo di aver avuto eccellenti insegnanti, di aver studiato tanto (io partivo da zero a differenza di tanti compagni che già erano navigati) e ho apprezzato perfino la disciplina che ci è stata impartita fin dal primo giorno.
Progetti per il futuro?
Sicuramente tra i progetti per il futuro il più grande è quello di una seconda apertura, non a Milano, ma non è un progetto immediato. E sicuramente anche rafforzare la parte “salata”. La nostra proposta di eventi e di cene francesi mensili è iniziata quasi per scherzo, negli anni ha fatto il boom e la vorremmo incrementare proponendo eventi sempre francesi e sempre diversi.
Ma per ora il futuro è Atena, nostra figlia di 3 settimane che appena posso mi stringo tra le braccia!