In aula • 23.06.2023
Nel DNA di Andrea Bonati, cresciuto nel laboratorio del padre Tiziano, c’è la pasticceria, ma il percorso per arrivare a sceglierla come mestiere è stato lungo e ha richiesto studio e impegno. Diplomato all’Istituto d’Arte di Bergamo, si iscrive all’Università Cattolica laureandosi nel 2006 in Lettere e Filosofia con indirizzo Arte e Cinema.
Nel 2007, in seguito alla prematura scomparsa del padre, Andrea e la sorella Chiara rilevano la pasticceria di famiglia e da lì inizia per Andrea un percorso di studio con i migliori maestri pasticceri per affinare la tecnica e le competenze gestionali. Più corsi segue e più la sua passione cresce, accumulando oltre 3000 ore di formazione e studio.
Nel 2014 struttura una parte del suo laboratorio per la creazione e sviluppo di pasticceria di alta qualità senza glutine. Oltre al perfezionamento della tecnica, negli anni ha ampliato anche la sua formazione imprenditoriale. E’ fermamente convinto e lui ne è la riprova, che
… nella vita tutto si può imparare, perché la ripetizione crea l’abilità, l’abilità porta alla maestria e la maestria all’eccellenza
Ha aperto quest’anno con sua moglie Francesca “Bonati L’Hub” per lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti di pasticceria classica, senza glutine e senza lattosio.
In CAST Andrea insegna la pasticceria senza glutine nel corso di Alta Formazione Pasticcere.
In questa newsletter abbiamo intervistato, per la rubrica “Made in CAST”, Carlotta Filippini che ha vinto la competizione Vegateau dedicata alla pasticceria a base vegetale, di cui tu eri membro della giuria. Cosa ti ha colpito di più di questa prima edizione del concorso?
Mi ha sorpreso la grande qualità dei prodotti e l’attenzione prestata dai pasticceri in gara per realizzarli. L’obiettivo di questo contest, alla sua prima edizione, era di mostrare “l’altra faccia” della pasticceria rispetto a quella tradizionale. Vedere come i miei colleghi hanno saputo raccogliere la sfida e si sono messi in gioco, sperimentando tecniche ed ingredienti per ottenere dei dolci non solo belli ma anche gustosi, mi ha fatto capire che anche per la pasticceria inclusiva c’è interesse e margini di crescita professionale.
Ragionando in termini tecnici, poi, prova a pensare come può essere complicato per un pasticcere abituato alla produzione di pasticceria classica, realizzare un dolce vegano che sostituisce non solo zucchero, farine e grassi, ma anche le uova con addensanti alternativi che devi saper bilanciare e applicare correttamente per realizzare un buon dolce. Però: obiettivo raggiunto alla grande, bravi i miei colleghi!
Di cosa ti occupi nello specifico nel corso di Alta Formazione Pasticcere?
Se, dieci anni fa in pasticceria ti capitava di rado qualche intollerante a cui davi la meringhetta classica, adesso il numero di clienti che ti dicono di essere celiaci è in continuo aumento. Per questa ragione, nel mio corso partiamo dalle intolleranze e il senza glutine per arrivare alla pasticceria “senza” altri ingredienti: quindi come realizzare, per esempio, una crema pasticcera plant based, o come sostituire a norma di legge gli zuccheri per realizzare conserve e confetture …
Un punto sul quale mi soffermo perché è importante da far capire ai ragazzi è che ci sono già tanti prodotti di pasticceria che sono “gluten free” come la pasta di mandorle, il macaron, il cioccolato con una particolare lavorazione, … per cui è possibile fare dolci buoni e gustosi senza glutine, basta capire come funzionano gli amidi, gli addensanti e le fibre per ripensare di conseguenza il prodotto. Questa sollecitazione molto interessante mi è proprio arrivata dai ragazzi, che sono molto più sensibili di quando si possa credere al tema delle intolleranze: mi hanno chiesto di rivedere alcune ricette di pasticceria classica in chiave gluten free, applicando i concetti che avevo spiegato loro in aula. Così quando arriverà il cliente con una richiesta particolare, dovranno solo adattare il loro ricettario.
Quali sono i pregiudizi più difficili da superare nella pasticceria senza glutine e che futuro vedi per questo settore?
Il pregiudizio più diffuso e forse più difficile da sfatare è che il benessere e le esigenze alimentari non collimino con la bontà. Cosa che, fino a pochi anni fa, era in parte vera. C’è poi un equivoco che va chiarito, anche rispetto all’utilizzo di farine alternative: chi è celiaco o intollerante non cerca prodotti particolari in pasticceria, ma cerca il bignè, il cornetto, la torta classica, tutto ciò a cui è abituato e a cui non vuole rinunciare. Nella mia pasticceria, per esempio, faccio una torta Sacher per intolleranti che vendo come una torta normale, perché è impossibile capire la differenza. Vedi, negli ultimi anni si è affermato il concetto di pasticceria salutistica, pasticceria per intolleranti, pasticceria dei “senza”… Trovo siano tutte definizioni un po’ fuorvianti. E’ nel DNA del nostro mestiere di pasticcere fare una pasticceria inclusiva, che piaccia a tutti, che vada bene per tutti, che possa essere condivisa. La pasticceria non può essere alternativa, ma evolversi perché sia il più possibile attenta alle esigenze di tutti.
Sei diventato pasticcere dopo aver studiato all’Università Arte e Cinema. Con il tuo lavoro riesci ancora a coltivare questi interessi?
Avendo avuto una formazione lontanissima da questo mondo, ho dovuto studiare molto per diventare pasticcere. Oggi studio ancora per coltivare le mie passioni. Studiare forse è la cosa che so fare meglio e non intendo smettere mai!