Cipressa è un borgo di 1000 abitanti arroccato su una collina che affaccia sul mare ligure, famoso perché lo attraversa la gara ciclistica Milano-Sanremo. Ma per Federico Pinasco che in questo paese ci è nato e cresciuto, Cipressa è come una madeleine per Proust, un microcosmo in cui le memorie personali sono fatte di sapori, gesti e momenti dell’infanzia. Da qui Federico è partito per studiare Economia all’Università Cattolica di Milano, lasciata a 4 esami dalla laurea per assecondare la sua passione per la cucina, confermata in CAST nel corso di Alta Formazione Cuoco e perfezionata in stage in strutture alberghiere (“Cormoran” a Villasimius, “Hotel Matteotti”, cinque stelle a Milano), in ristoranti di cucina regionale (“Trattoria All’Antica” di Milano) e fine dining (“U Titti” a Lingueglietta (Imperia). Infine, come pastry chef nel ristorante milanese “Lume”, una stella Michelin dello chef Luigi Tagliente. Come un cerchio che si chiude, alla fine di questo percorso professionale Federico è tornato a Cipressa; in qualità di chef del ristorante “Buona vita” si è posto l’obiettivo di dare una nuova identità a questo locale storico seguendo il filo della memoria delle ricette di nonna Rina, a cui aggiunge la sua creatività.
Secondo te avere in famiglia qualcuno che ama la cucina aiuta a iniziare una professione nel settore?
Sicuramente avere una famiglia come la mia che da sempre vive e ragiona in funzione del cibo e avere avuto la fortuna di una nonna, grande cuoca, che per il pranzo della domenica cucinava per tutta la famiglia fatta di 15 persone, mi ha spinto quanto meno a provare una grande curiosità e anche un grande carico di emozioni per la cucina che alla fine mi hanno portato a intraprendere questa professione. Probabilmente, a livello inconscio, questa passione è sempre stata dentro di me, me ne sono solo accorto tardi.
Gli ex allievi che intervisto mi dicono spesso che, per loro, il diploma conseguito in CAST è un po’ come un biglietto open per il mondo. Tu, invece, hai scelto di tornare nel tuo paese e di mettere a disposizione la tua esperienza per far crescere la qualità dell’accoglienza. Come pensi di riuscirci?
Inizialmente non ci ho riflettuto molto, ho raccolto la sfida che mi avevano lanciato i due titolari del ristorante e mi ci sono solo buttato a capofitto. Ho semplicemente fatto la cosa che mi riesce più naturale: cucinare scegliendo piatti che esprimessero al meglio le mie emozioni e la mia personalità. Ma siccome era da tempo che riflettevo sulla formula migliore di hospitality se mai fossi tornato un giorno a cucinare nella mia terra, credo di poter affermare, dopo un anno e mezzo che sono qui a Cipressa, che la strada che ho deciso di seguire sembra essere quella giusta. Ho scelto di puntare su pochi ingredienti che valorizzo al massimo in termini di gusto e di abbinamento dei sapori, partendo da una grande selezione dei fornitori e delle materiali prime locali. Pesce fresco, verdure e pasta fatta a mano sono gli ingredienti principali della mia cucina che, senza limitare la mia creatività, ho adattato alle necessità del ristorante in termini di controllo del food cost, spazi essenziali in cucina, numero adeguato di coperti in sala e di piatti inseriti in carta. Ovviamente, l’esperienza acquisita in questi anni mi è stata fondamentale per organizzare, partendo da zero, il lavoro in sala e in cucina avendo, per la prima volta nella mia vita, l’assoluta libertà di decidere.
C’è poi un ingrediente segreto che fa la differenza: essere tornato a Cipressa mi ha dato una motivazione unica che non avrei mai avuto in altri luoghi.
Qual è il tuo stile di cucina e su quali elementi si fonda principalmente?
Mi piace farmi guidare dal gusto che è il cardine della mia cucina. Gli ingredienti dei piatti che scelgo in base all’offerta del territorio e alla stagionalità, li assaggio sempre, crudi e cotti, verdure, pesce, carne, formaggi, pane e tutto ciò che suscita in me un’emozione, prima lo assaggio e poi lo tratto, diventa parte di un mio piatto. Mi lascio molto ispirare dalle sensazioni del momento e mi piace essere libero, privo di preconcetti; quindi bene la tecnologia in cucina ma se è funzionale alle mie esigenze, bene i prodotti del territorio, a Km 0, la cucina regionale, ma in carta ho messo un pollo al curry perché la mia clientela me lo chiede e mi convince…
Ma c’è un punto su cui non derogo ed è la materia prima eccellente: se trattata correttamente garantisce qualità e leggerezza, altro aspetto che ricerco nei miei piatti insieme all’espressione della mia personalità.
Nel tuo ruolo di chef sei totalmente responsabile della gestione della cucina. Come ti sei organizzato per gli acquisti delle materie prime e il rapporto con i fornitori rispetto alle necessità del ristorante (controllo del food-cost, numero di coperti, tipologia di piatti inseriti nella carta, ecc.)?
Vivendo in un borgo e conoscendo tutti, non mi è stato difficile scegliere accuratamente i fornitori migliori per le mie necessità, per cui oggi sono fiero del rapporto che sono riuscito a creare con loro che considero parte integrante del ristorante. Due volte a settimana vado personalmente a scegliere frutta e verdura. Il compito di fare la spesa è un aspetto cruciale del mio lavoro perché incide sui profitti economici del locale ed è sempre difficile trovare un equilibrio tra i prezzi abbastanza moderati che abbiamo deciso di mantenere in carta e la qualità della materia prima che voglio offrire. L’organizzazione, per quanto riguarda la tipologia dei piatti e il numero dei coperti, è stata abbastanza semplice: sulla scorta della mia esperienza e valutando le risorse che ho a disposizione, ho cercato di “incastrare” tutto in modo da massimizzare la qualità. Siccome la cucina è molto piccola ho, ad esempio, impostato gli antipasti in modo che siano piatti molto veloci da realizzare, abbiamo solo pasta fresca prodotta da noi per ridurre i tempi di cottura, nei secondi uso spesso la bassa temperatura… Ho cercato di dividere equamente i piatti tra le partite e la stufa, il forno, il microonde e la friggitrice. Tutto in un flusso di lavoro che ho impostato già in fase di start-up della cucina, dotandola delle attrezzature necessarie per facilitare il servizio.
La scelta di CAST Alimenti per la tua formazione di cucina si è rivelata vincente?
Non solo vincente ma fondamentale! Ha fatto scattare qualcosa in me che ha cambiato il corso della mia vita. CAST mi ha cambiato la testa in termini di obiettivi, priorità, competenze. Il fatto di poter abbinare quello che si impara durante il corso, al tirocinio e alle conoscenze di Maestri come Biscotti, Maffioli, Martinelli … ha cambiato radicalmente il mio modo di vedere la professione di chef. Non solo tecnica e teoria della cucina ma l’importanza del decoro, il rispetto della brigata, l’umiltà. Affrontare il mestiere con consapevolezza, è questo che mi ha insegnato CAST, che è la differenza che passa tra fare lo chef ed essere chef!
Quale è l’argomento professionale che oggi ti affascina di più, quello che vorresti approfondire?
In questo momento mi affascina la gestione delle risorse umane, comprese le mie :)! So che è una risposta fuori argomento, forse, ma in questo momento è la cosa su cui sto cercando di lavorare di più e che mi coinvolge particolarmente. Di conseguenza, direi la formazione, quindi la trasmissione alla mia brigata delle esperienze e conoscenze che ho accumulato fino ad oggi. Gli argomenti che vorrei approfondire, invece, sono la pasticceria da laboratorio, la gelateria e la panificazione, tutto di altissima qualità, perché penso che alzerebbe ulteriormente il livello dell’offerta del nostro ristorante, contribuendo a modificare anche i parametri di una provincia come Imperia che, lavorando con il turismo stagionale, punta più sui numeri che sulla qualità. Anche il mondo del vino mi affascina da morire (non sono del tutto ignorante, ma è un mondo talmente vasto che vorrei saperne di più) e un po’ tutto il funzionamento del lavoro di sala tanto che, quando posso, mi metto alla prova anche in questa attività.
Dove ti vedi tra vent’anni?
In cucina a cucinare e assaggiare i piatti con i ragazzi della brigata testando nuove ricette. Questo momento che fa parte del processo creativo del mio lavoro, è quello in cui mi vedo in futuro. Comunque a cucinare che è quello che so fare e che sono sicuro farò per sempre.